Ho acquistato questo libro appena uscito, consigliato da un amico, ed attirato dal titolo e dalla 4° di
copertina. L’autore dichiarando la sua origine, la sua storia personale e professionale vissuta sempre
nei dintorni di Pisa, mi ha subito riportato indietro con la memoria ad i miei trascorsi universitari in
quella bellissima città, spero ancora oggi a misura d’uomo, dove circa 30 anni fa ho passato gli anni
più belli della mia vita spensierata di studente.

Ho letto il libro tutto d’un fiato, trovando la vicenda raccontata, fra realtà e immaginazione, sincera,
avvincente, bella, una scrittura lineare ma articolata dove, in ogni pagina, si coglie lo spirito toscano
(pisano) di argomentare nei vari fraseggi. Da tutto il racconto traspare un’aura di saggezza popolare,
di vita vissuta, di lento incedere delle cose, che oramai appartiene ad un mondo (ahimè) che credo
non esista nemmeno più neanche nei piccoli borghi. Un lento scorrere del tempo dove l’uomo, la
natura e le vicende personali del protagonista hanno tutto il tempo di essere vissute e metabolizzate,
capite ed affrontate. Insomma, un vivere la vita con più serenità e saggezza … invece di quella convulsa
di oggi, dove ognuno di noi possa quasi specchiarsi e riconoscersi, se non in tutto, almeno in parte
delle cose raccontate.

L’autore, nel suo modo di scrivere mescola, in modo sapiente, fatti e vicende storiche del passato con
quelle del presente, come se il protagonista del racconto fosse distinto dall’autore. Come se l’autore
volesse semplicemente raccontare una storia. Poi, pagina dopo pagina, ci si rende conto che è l’autore
stesso, sotto mentite spoglie, che parla in prima persona. Intendo dire, come se i ricordi personali e
quelli del protagonista, Giovanni Nannicini, laureato in storia, professione archeologo con lo spirito
dello Sherlock Holmes nel dedicarsi ad approfondire gli aspetti, magari secondari, ma nondimeno
interessanti di alcune vicende storiche del periodo medioevale/rinascimentale dei territori toscani, si
intrecciassero fra loro. Alla fine, quasi non ci si rende conto se, quello che viene raccontato, sia una
vicenda inventata (ma che s’innesta su alcuni fatti storici riscontrabili), oppure se ci sia molto del suo
passato. Come se anche le vicende amorose del protagonista, l’amore per la “sua” Roberta, fedele
compagna e collega d’indagine, quasi una versione femminile del fidato Watson, che accompagnano il
protagonista lungo tutto il racconto nello scoprire, dedurre logicamente, collegare fatti e vicende del
passato, con quelle ancora visibili del mondo presente, avessero molto in comune con quelle personali
dell’autore.

Anche la conclusione del racconto mi ha un po’ spiazzato … come se la parabola del racconto, come
quella della vita, fosse giunta al capolinea, nel naturale incedere delle cose.

6 febbraio 2023
Juan Esposito
Ricercatore
Fisica Nucleare – Legnaro, Padova

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